See hanno ancora valore le tradizionali definizioni
scolastiche, questo libro ha quale
suo precipuo oggetto l'Europa del « dover
essere »; vale a dire, esso si riferisce ai necessari
sviluppi di cui deve essere promotrice
l'integrazione del continente, sulla
scorta, naturalmente, di premesse esistenti
e selezionando, tra queste, quelle maggiormente
positive e determinanti. Come sempre
avviene per un testo al quale hanno
contribuito autori diversi, la sua redazioneè risultata difficile ed ha occupato, anche
per un indispensabile lavoro di comparazione
e di coordinamento, un congruo periodo
di tempo. Si può, anzi, aggiungere che
il progetto iniziale ed il periodo immediatamente successivo, durante il quale i
singoli capitoli sono stati oggetto di meditazione e di dibattito, hanno coinciso
con le fasi più inquietanti della recente crisi europea; con il che si vuole, inizialmente,
sottolineare come il libro costituisca una testimonianza di fiducia e come
esso si proponga, e sia pure indirettamente, di custodire un ideale ed, anzi, di diffonderlo,
rendendolo sempre più apprezzato ed accessibile a tutti.
Ma, tuttavia, gli autori hanno scartato qualsiasi soluzione destinata a risolversi
nell'esposizione di un consuntivo, per imponente che questo possa apparire sia
secondo il profilo delle innovazioni già ottenute e sia in riferimento ai vantaggi
che l'Europa può avere raggiunto. Ciò che conta, nelle contingenze politiche
odierne, è il perfezionamento delle istituzioni ed è, insieme, l'impulso politico ad
esso intimamente connesso e senza del quale non possono essere garantite né la
pienezza né, tantomeno, la continuità dell'esperimento. Ecco perché questo libro
si imposta su basi di carattere giuridico-costituzionale, affidate all'interpretazione
e all'indagine di coloro che, come Gaetano Martino e Francesco Pasetti Bombardella hanno costantemente approfondito, l'uno per vocazione specifica e per le
alte responsabilità a cui ha ottemperato nell'ambito della politica italiana e comunitaria
e l'altro per vissuta esperienza, la fisionomia di un'Europa « certa »
nei suoi presupposti e capace, per questo mezzo, di dar luogo a veri e propri « atti
di fondazione », mediante i quali l'integrazione del continente è destinata a diventare
sempre più radicata e più forte. Si tratta, naturalmente, di un organismo
vivo, nel quale gli interessi rappresentano l'elemento motore, si esaltano al di
sopra di pure e semplici rivendicazioni di categoria o di gruppo, postulando, al
contrario, un'armonica composizione e disegnando, con ciò stesso, un autentico
panorama comunitario.
Non, con questo, che vengano meno le inevitabili relazioni dialettiche tra capitale
e lavoro; o che la comunità europea sia destinata a trascendere, mediante
una denegazione reciproca, le fondamentali energie su cui è chiamato a sorreggersi
l'edificio dell'economia nell'età contemporanea. Soltanto si vuol mettere in luce
che le « aperture » dell'Europa si verificano anche nel suo stesso ambito e che in
essa vanno riconosciuti diritto di iniziativa e facoltà di piena cittadinanza tanto
agli operatori economici quanto al proletariato agricolo e industriale; e vien così
meno, e definitivamente, l'abusata mitologia dell'esclusivismo classista oltre all'assurda
presunzione del miglioramento economico condizionato da fenomeni
ricorrenti di eversione sociale o, peggio ancora, ostacolato dal cristallizzarsi di insostenibili
situazioni di fatto. Mario Zagari, esponente di un socialismo avanzato
e democratico nel medesimo tempo, e Gianni Agnelli, che concepisce la realtà
della produzione in un ambito che va bene al di là dei ristretti schemi aziendali,
hanno rivolto la loro attenzione, il primo ai rapporti che intercorrono tra classe
lavoratrice e integrazione economica e il secondo al ruolo di propulsione che gli
imprenditori sono chiamati a svolgere, se veramente si vuole attribuire alla Comunità
lo stimolo di un continuativo progresso.
A tutto questo deve essere aggiunto il quesito della giustificazione intrinseca
del mercato comune; della necessità che esso non si esaurisca in un'area economica
preferenziale; e che i suoi epiloghi ultimi non siano di detrimento agli stati
terzi, ma di corrispondenza, di comprensione e di vantaggio a tutti i popoli del
mondo. Si tratta di un impegno divenuto di mano in mano più urgente, soprattutto
a partire dal momento in cui si è dovuto soprassedere all'auspicata adesione
dell'Inghilterra, rinviando, in tal modo, l'allargamento effettivo della Comunità
e trovandosi, ad un tratto, di fronte a interrogativi, se non di sopravvivenza, certamente
di giustificazione e di efficace avvaloramento. Come all'interno della comunità
sussiste l'imperativo di un'equa distribuzione dell'accrescimento di
ricchezza, altrettanto si verifica nei rapporti tra la comunità medesima e le altre
società nazionali. Se l'integrazione europea rappresenta la più importante conquista
politica della democrazia nell'età contemporanea, il suo ruolo appare, allora,
quello di produrre un risultato di attrazione, di collocare in risalto le
caratteristiche diffusive della sua concezione e del suo funzionamento. Mario Pedini
ha affrontato questo tema così delicato e assorbente, esattamente analizzando
quello che oggi la comunità rappresenta e deve, ancor di più, domani rappresentare
per gli stati in fase di sviluppo, sottolineando il suo necessario contributo
alla costituzione, dovunque, dell'identità delle cosiddette basi di partenza, al successo
nella lotta per il conseguimento del minimo vitale, per la creazione delle
infrastrutture, e per il corso, rapido ed equilibrato, della differenziazione agricola
e dell'industrializzazione. Ma non sono soltanto questi « i partners », attuali o
potenziali, degli stati che hanno sottoscritto il trattato di Parigi e i due trattati di
Roma. Occorre, anche, annoverare gli stati terzi industrializzati, soprattutto i
membri dell'Associazione europea di libero scambio, gli Stati Uniti d'America e
tutti quelli il cui reddito individuale si presenta in fase ascensionale, così come
avviene, sul piano globale, per l'accumulazione delle loro ricchezze. Franco Peco,
che dirige i servizi comunitari nel settore di una principale tra le industrie di base
quale è la siderurgia, indica, mediante un'opportuna scelta degli elementi dei
quali valersi, come debbano realizzarsi i rapporti di mutua obbligazione, di scoperta
emulazione, di ricerca e di specificazione, tra la Comunità europea e gli stati
industrializzati; così che l'enucleazione di una politica industriale a livello mondiale
possa costituire la pedana di lancio del benessere individuale, il fulcro della
giustizia distributiva, un apporto di dovere a cui nessuno tra i grandi stati è legittimato
a sottrarsi. Infine, chi scrive ha voluto gettare uno sguardo ai popoli i cui
regimi sottraggono l'economia all'iniziativa privata, ma in cui, ormai da tempo,
si profilano fermenti intesi alla rivendicazione della persona umana, all'affermarsi
delle entità nazionali ed all'instaurazione di un dialogo per il quale la storia ha
già insegnato alla Comunità europea di non attenersi al gretto criterio dell'identità
matematica tra il dare e l'avere. Le relazioni tra la Comunità europea e gli
stati dell'Est sono quelle suscettibili, più di qualsiasi altre, di innovazione, di trasformazioni
e, forse, di sorprese feconde; ed è questa la ragione che ha indotto gli
autori a concludere il libro, facendone un sia pur rapido accenno.
Un'ultima osservazione ancora ci resta. Ciascuno degli autori è direttamente
responsabile soltanto dei capitoli che gli sono stati affidati; ma, nondimeno,
ognuno accetta, e sia pure in termini generali, anche le tesi sostenute dagli altri.
Si possono, infatti, riscontrare talune diversità di atteggiamenti, che di proposito
non sono state eliminate per maggiormente caratterizzare lo spirito di autonomia
intellettuale con il quale si è proceduto alla compilazione del testo. Ma si può,
parimenti, constatare la sostanziale identità di pensiero, di propositi e, diremmo,
addirittura, di affetti degli autori nei riguardi dell'Europa. Il fatto appare tanto
più importante quanto più sia tenuto in debito conto come ciascuno degli autori
sia contraddistinto da interessi ideali e concreti e da convinzioni politiche, che
sono, in alcuni casi, diversi e, in altri, persino contrastanti. Ci piace poter concludere
che la fede nella libertà, da una parte, e l'identica matrice europea, dall'altra,
hanno potuto dare vita ad un ambiente e promosso una circolazione, atti a rendere
sempre più consapevoli e a fare sempre più attivamente muovere tutti; il che è
valso per chi ha collaborato a questo libro e dovrebbe, auspicabilmente, servire
ai democratici italiani nella loro totalità.
D. D. B.
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